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Aspetti molecolari dello Stress Ossidativo

ROS

Lo Stress Ossidativo è una condizione patologica che si verifica quando in un organismo vivente si produce uno squilibrio fra la produzione e l’eliminazione di specie chimiche ossidanti (Figura 2).

In uno stato di Stress Ossidativo si ha una quantità abnormemente elevata di radicali liberi, i quali esercitano un’azione dannosa sulle cellule e sui tessuti del nostro organismo (Figura 3).

Le principali forme reattive dell’ossigeno (ROS) che possiedono un interesse biologico sono: ozono, anione superossido, perossido di idrogeno, radicale ossidrile, (alchil-)perossil- radicale, (alchil-)idroperossido, ossido nitrico (Figura 4).

I radicali liberi reagiscono con altre molecole fisiologiche, ad esempio lipidi o DNA, in una reazione a catena, fin quando due radicali non si  combinano a produrre una specie neutra(Figura 5).

Le reazioni a catena dei radicali danneggiano importanti molecole biologiche in vitro: pertanto i ROS sono considerati tradizionalmente come particelle ad elevata pericolosità(Figura 6).

I ROS possono causare severi danni ossidativi specialmente a carico di DNA, lipidi e proteine. Tali danni sembrano essere coinvolti in una grande varietà di patologie cronico-degenerative tra le quali, l’aterosclerosi e il cancro (Figura 7).

Numerosissime sono le attività metaboliche che portano alla produzione di ROS. La presenza di ROS è quindi un fenomeno fisiologico: è l’eccesso di questi radicali liberi che è in grado di determinare uno stato patologico (Figura 8).  Fumo, esercizio fisico intenso, diete sbilanciate, raggi solari, alcool, inquinamento sono cause di iperproduzione di radicali liberi (Figura 9).

Poiché la presenza di ROS è normale, gli organismi hanno sviluppato numerose molecole il cui compito è quello di eliminarne l’eccesso. Molte molecole possiedono attività fisiologiche antiossidanti (Figura 10).  Una specie molecolare si dice ossidante quando è in grado di cedere elettroni acquistando protoni: al contrario, una molecola si dice riducente quando ossidando se stessa cede protoni ed acquista elettroni.

I sistemi antiossidanti naturali posso essere suddivisi in enzimatici e non enzimatici.

Al primo gruppo appartengono superossido dismutasi (SOD), catalasi e glutatione perossidasi (Figura 11). Il secondo gruppo è formato da piccole molecole, suddivise in liposolubili (ad esempio -tocoferolo o vitamina E, β-carotene precursore della vitamina A, coenzima Q10) ed idrosolubili (ad esempio acido ascorbico o vitamina C, acido urico)(Figura 12).

L’acido ascorbico (Vit. C) è una molecola idrofila, esogena, che agisce come scavenger nei confronti di vari radicali (HO•, ROO• e O2• ): è in grado di rigenerare la vitamina E ed è presente a livelli plasmatici fisiologici compresi tra 4 a 15  mg/L (Figura 13).

Il glutatione o GSH è un tripeptide con proprietà antiossidanti formato da cisteina, glicina e acido glutammico: nella sua forma ossidata due molecole di glutatione formano un ponte disolfuro (Figura 14). Oltre che come antiossidante, il GSH è anche impiegato nella terapia dell’avvelenamento da metalli pesanti (mercurio, cadmio, piombo, ecc.), in quanto in grado di formare dei solfuri (coniugati) più facilmente eliminabili dall’organismo (Figura 15).

L’acido lipoico è una molecola a basso peso molecolare, lipofila, scavenger nei confronti di vari ossidanti (HO•, O2•, HClO): anch’esso agisce da chelante nei confronti dei metalli di transizione (Fe, Cu) e consente la rigenerazione delle vitamine C ed E (Figura 16).

L’-tocoferolo è una molecola lipofila, potentemente antiossidante: è uno dei principali composti che nel loro insieme vanno sotto il nome di vitamina E (Figura 17).

Il retinolo è una molecola lipofila che agisce da potente antiossidante: assieme ai composti analoghi detti retinoidi viene indicato come vitamina A (Figura 18).

Il coenzima Q10 è ubiquitario nei sistemi biologici, è simile come struttura alla Vitamina K ed alla Vitamina E: partecipa alle reazioni redox e può essere presente in tre forme, quella ossidata, semi-chinonica, e ridotta. Le catene laterali lo rendono molto lipofilo e per questo è presente nelle membrane biologiche, soprattutto quelle mitocondriali, dove svolge il ruolo di coenzima nella catena respiratoria (Figura 19).

Nel plasma è presente, per circa il 90% nella sua forma ridotta, ad un concentrazione fisiologica compresa fra 0,6 e 0,8 mg/L (Figura 20).

Nella tabella sono riportate le concentrazioni fisiologiche delle principali molecole ad azione antiossidante (Figura 21).

I lipidi sono la classe di molecole biologiche più suscettibile all’attacco dei radicali liberi dell’ossigeno. L’ossidazione avviene a carico degli acidi grassi presenti nelle membrane cellulari o nelle lipoproteine ed all’aumentare del numero dei doppi legami presenti nella molecola aumenta la loro suscettibilità all’ossidazione. La reazione di perossidazione porta alla formazione di prodotti secondari come aldeidin e chetoni riconosciuti come sostanze tossiche o cancerogene. Markers di perossidazione sono la malondialdeide (MDA) e la 4-idrossinonenale (4-HNE) (Figure 22-25).

A seguito della ossidazione dei gruppi -SH (soprattutto ad opera dei radicali NO•, HO•, ONOO-), di alcuni aminoacidi (His, Arg, Lys, Pro) e della liberazione del Fe per degradazione degli anelli porfirinici (azione della H2O2), le proteine perdono la loro struttura fisiologica e conseguentemente la funzionalità (Figura 26). Marcatore del danno ossidativo a carico delle proteine è la 3-nitrotirosina (3-NT), un prodotto di degradazione che si forma per interazione della tirosina con perossinitrito (NO3-) o con biossido di azoto (NO2) (Figure 27-28).

Nel DNA i fenomeni ossidativi riguardano le basi puriniche e pirimidiniche: sono stati individuati più di 20 derivati ossidati ma la 8-idrossi-deossiguanosina (8-OHdG) è il marcatore maggiormente significativo (Figura 29).

Non esiste una molecola in grado di caratterizzare da sola il livello di stress ossidativo: il quadro è formato dall’insieme di tutte le molecole aventi potere ossidante ed antiossidate(Figura 30).

Misurare lo stato di Stress Ossidativo di un soggetto non è dunque una procedura semplice, considerato anche che le molecole biologicamente attive mostrano differenti reattività per le molteplici specie reattive dell’ossigeno (Figura 31).

Sono stati comunque sviluppati dei test che cercano di determinare in modo complessivo la capacità antiossidante di un fluido biologico.

In agronomia, per primi si è cercato di determinare la forza antiossidate di succhi e additivi alimentari mediante il test ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity): successivamente test analoghi sono stati introdotti in medicina per stimare la capacità antiossidante del plasma sanguigno e cercare di correlarla allo stato di stress ossidativo (Figura 32).

Il metodo TEAC (Trolox Equivalent Antioxidant Capacity), ad esempio, valuta il potere riducente degli antiossidanti sulla base della loro capacità di ridurre il catione radicalico colorato ABTS•+ (acido 2,2-azino-bis(3-etilbenzotiazolin-6-sulfonico). La misura viene effettuata alla lunghezza d’onda di 734 nm utilizzando un sistema cromatografico senza l’uso della colonna, in modalità flow-injection (Figura 33).

Purtroppo questi metodi di valutazione complessiva dell’equilibrio REDOX, nonostante l’utilità che possono avere in sede di screening, soffrono di carente standardizzazione ed offrono la possibilità di ottenere soltanto dati che rimangono metodo-specifici.

Dr. S. Bompadre

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One Comment

  • Max De PaolaReply

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