Stato redox e stress ossidativo. Interpretazione fisiopatologica e significato clinico.
Bosello (Università di Verona) ore 10.00
Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) si formano prevalentemente a livello del mitocondrio. I ROS hanno potenzialità dannosa verso altre molecole: per questo l’organismo attiva vari sistemi di difesa antiossidante per tenere lo stato redox in equilibrio. Il Metabolismo mitocondriale costituisce una fonte di energia cellulare sotto forma di ATP. Vi sono evidenze che i mitocondri sono anche degli hubs critici, conferendo a questi organelli un ruolo chiave delle attività cellulari. Il metabolismo ossidativo mitocondriale svolge anche un ruolo causale nei programmi di differenziazione cellulare.
Quando la produzione di ROS è particolarmente elevata o i sistemi di difesa non sono efficaci, può configurarsi uno stato di stress ossidativo, cioè uno stato di sbilancio pro-ossidante. In queste condizioni vi è rischio elevato di danni cellulari e subcellulari (gli stessi mitocondri), senescenza cellulare, malattie età correlate, morte cellulare, tumori. Infatti, I ROS generati all’interno dei mitocondri possono retroagire e danneggiare direttamente il mtDNA e altri componenti mitocondriali. I ROS possono anche danneggiare il DNA nucleare, che porta alla attivazione del tumour suppressor p53. La modificazione ossidativa di alcune proteine può essere un importante fattore di invecchiamento. Suggestive, in questo senso la “Mitochondrial Free Radical Theory of Aging” e le varie ipotesi di rischio tumorale.
Si assiste oggi a consumi elevati di supplementi e integratori, ma l’evidenza sugli effetti di beta-carotene, vit A e vit E su mortalità, insorgenza di malattie e qualità della vita non giustifica l’uso degli integratori antiossidanti quando non esistono carenze nutrizionali. Vi sono dimostrazioni scientifiche di un ruolo carcinogeno degli antiossidanti, specie in soggetti a rischio di cancro, come i fumatori o i pazienti con BPCO.
Caratteristiche biochimiche e valore diagnostico degli indicatori bioumorali di stress ossidativo.
Bolner (Villa Margherita – Vicenza) ore 10.20
L’attacco dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS), in particolare del radicale idrossile, sui nucleotidi del pool citoplasmatico o direttamente sugli acidi nucleici nucleari (nDNA) e mitocondriali (mtDNA) può causare mutazioni, delezioni ed anche perdita d’integrità della doppia elica con conseguenti possibili gravi effetti citotossici e cancerogenici.
Tra i numerosi marcatori molecolari di danno ossidativo del DNA, il nucleoside 8-idrossi-deossiguanosina (8-OHdG) è quello maggiormente studiato a causa delle numerose patologie nelle quali è stata dimostrata la sua elevazione. Il danno ossidativo del DNA è contrastato dai meccanismi di riparazione i cui prodotti, che si riversano nei liquidi extra-cellulari, permettono di valutarne l’avvenuta attivazione e di stimarne l’efficacia.
La presenza della 8-OHdG nei liquidi extracellulari dipende dalla rapidità con cui il DNA viene rimodellato (turnover) e dall’entità e velocità con cui si instaurano apoptosi e necrosi: poiché queste vie metaboliche risultano alterate in numerose patologie (ora accelerate, ora rallentate), è importante che la concentrazione della 8-OHdG sia espressa in funzione di un parametro in grado di “misurare”, o almeno “stimare”, la velocità del turnover.
A tale scopo viene determinata la concentrazione extracellulare del corrispondente nucleoside non alterato, la 2-desossi-guanosina (2dG): questo dosaggio offre anche il vantaggio di stimare in quale misura venga attivata una delle due vie di biosintesi dei nucleotidi, quella di recupero metabolico o di salvage.
Il rallentamento del recupero dagli spazi extracellulari della 2dG, della conseguente formazione citoplasmatica del nucleotide deossi-guanosin-trifosfato (dGTP) e del suo assemblaggio nella catena del DNA, indirizzano il nucleoside 2dG verso la via catabolica con formazione di xantina e conseguentemente di acido urico. Il dosaggio nelle urine di quest’ultimo, insieme alla 2dG, pur condizionato anche da altri fattori fisiologici e metabolici, permette di stimare quale sia la direzione prevalente delle vie metaboliche che interessano i nucleosidi purinici.
L’analisi di 8-OHdG, 2dG ed acido urico nei liquidi extracellulari permette, pertanto, di abbozzare il quadro complessivo del turnover del DNA e di stimare, per induzione, la capacità di risposta dell’organismo alla sua alterazione ossidativa.
Attività motoria, stato redox e stress ossidativo. Dove finisce il beneficio e quando iniziano
i danni da stress.
Giampietro Nordera (Villa Margherita – Vicenza) ore 10.40
L’attività fisica stimola la produzione endogena delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) a livello dei mitocondri e anche da parte di mediatori dell’inflammazione. L’esercizio aumenta la produzione di ROS anche nei neutrofili e nei macrofagi attivati, negli endoteli dei vasi sanguigni e da stimolo delle catecolamine. Un esercizio regolare porta ad aumento di antiossidanti endogeni, che sono in grado di neutralizzare i radicali liberi.
Il meccanismo con cui i ROS attivano l’espressione e l’attività degli enzimi antiossidanti è molto complesso. L’esercizio fisico è una lama a doppio taglio: se praticato strenuamente provoca stress ossidativo e danno cellulare, ma se praticato con moderazione, aumenta l’espressione di enzimi antiossidanti: l’esercizio fisico, pertanto, deve essere considerato un antiossidante.
L’aumento dei ROS indotto dall’attività fisica può avere effetti deleteri e/o benefici. L’esercizio produce i ROS e se questi sono utili o dannosi per la salute dipende dalla concentrazione dei ROS, dalla durata dell’esposizione ai ROS e dallo stato di allenamento dell’individuo. Un singolo esercizio ad elevata intensità porta a forti aumenti di ROS, che non possono essere neutralizzati dagli antiossidanti endogeni, specie se il soggetto non è allenato. Ciò si traduce in danni ossidativi anche gravi, tra cui astenia muscolare e affaticamento, mutazioni del DNA, perossidazione lipidica, alterazione mitocondriale e apoptosi/necrosi cellulare. Soggetti allenati hanno un più elevato livello di adattamento e meno rischi per la salute. I ROS prodotti durante un esercizio fisico regolare aumentano continuamente il livello di adattamento al fine di migliorare la capacità antiossidante, la biogenesi mitocondriale, la sensibilità all’insulina, la citoprotezione e la capacità aerobica del muscolo scheletrico.
In conclusione, vi è progressiva evidenza che i ROS hanno effetti sia positivi che negativi sull’attività delle cellule. Gli effetti deleteri quali la riduzione della forza e maggiore atrofia muscolare sembrano verificarsi in particolare dopo un intenso, non regolare esercizio fisico, mentre un regolare allenamento ha effetti positivi sui processi cellulari che portano ad una maggiore espressione di antiossidanti. Queste molecole forniscono la migliore protezione da ROS durante successivi allenamenti.
La produzione di ROS indotta dall’esercizio può anche essere un segnale importante di adattamento delle cellule muscolari all’attività fisica.
Tuttavia, una dieta integrata con antiossidanti esogeni quali vitamine sembra contrastare gli effetti benefici dell’esercizio fisico nell’uomo.
Per quanto rigurda gli effetti dell’attività fisica sul rischio di mortalità, è stata osservata un’associazione a U tra pratica del jogging e mortalità. La mortalità più bassa è risultata tra gli amanti del jogging praticato a livelli leggeri, mentre un’intesità moderata rivela un tasso di mortalità più elevato, ma ancora inferiore a quello del nonjoggers sedentari. Coloro i quali praticano il jogging ad alta intensità rivelano un tasso di mortalità praticamente uguale a quello dei sedentari.
Tecnologie NanoVi™. L’impatto sullo stress ossidativo.
U. Caddeo (DNA 22 – Bologna) ore 10.50
La tecnologia NanoVi ™ orienta i ROS come molecole di segnalazione Redox, aumentando la quantità di ossidanti condizionati ad essere messaggeri secondari Redox. In questo modo, non si produce la formazione di ossidanti, di radicali liberi, e per ciò di stress ossidativo, ma si attiva la risposta ossidativa, quindi, la produzione di ATP mitocondriale, e quindi la produzione di energia intracellulare, l’attivazione dei meccanismi di DNA – repair e delle heat shock proteins e di protezione cellulare.
Quindi, le stesse molecole che produrrebbero, se depositate in eccesso, lo stress ossidativo nella cellula, sono, grazie alla tecnologia NanoVi ™, creatrici della segnalazione Redox e dello stimolo di produzione energetica rigenerante nella cellula stessa. Queste segnalazioni molecolari sono trasmesse attraverso altissime velocità di comunicazione di entanglement quantistico quindi, come visto precedentemente, attraverso un processo di eccimerizzazione, per ciò di informazione quantistica, e di stabilizzazione per la alta velocità orbitale esterna, e quindi di superconduttività.
Si tratta del processo di Quantum Redox o di Redoxomica Quantica. La tecnologia NanoVi ™, attraverso la sequenza e l’equilibrio della risposta ossidativa delle molecole di segnalazione Redox, che porta all’eccimerizzazione degli atomi stessi, contribuisce alla formazione dei Meta-State, come passaggio dalla materia biochimica alla espressione quantistica
della materia organica, creando un bagaglio di energia in equilibrio tra materia vivente densa e effetti quantici della fisiologia e della salute. La funzione della segnalazione Redox, costituisce per ciò l’attivazione, la propagazione e la trasformazione in meta-state, come energia luminosa biofotonica, delle molecole dell’organismo. Le molecole di segnalazione Redox, grazie anche al contributo della tecnologia NanoVi ™, evitano il blocco delle informazioni, favorendo così le “decisionalità”, “l’intenzionalità” e quindi la “propensionalità” delle funzioni goal.
Stress ossidativo e patologia neurodegenerativa.
Manuela Pilleri (Villa Margherita – Vicenza) ore 11.20
La malattia di Parkinson e la malattia di Alzheimer sono le più frequenti malattie neurodegenerative.
Pur essendo entità patologiche molto diverse molto diverse per quanto riguarda il quadro clinico, il quadro anatomopatologico e i sistemi neuronali coinvolti, queste due patologie hanno in comune alcuni elementi.
In entrambi i casi la noxa patogena primaria che innesca il processo degenerativo è sconosciuta , mentre i meccanismi patogenetici che portano alla degenerazione e poi alla morte delle cellule coinvolte sono stati almeno in parte identificati.
La degenerazione cellulare è associata alla deposizione di inclusioni cellulari, placche amiloidi e aggregati neurofibrillari nella malattia di Alzheimer e aggregati di sinucleina (corpi di Lewy) nella malattia di Parkinson.
Le evidenze scientifiche indicano che lo stress ossidativo contribuisce alla disfunzione delle cellule neuronali, che promuove l’aggregazione anomala di proteine e l’ossidazione del DNA e porta alla degenerazione cellulare. A sua volta, la presenza di aggregati proteici innesca la reazione infiammatoria della microglia, che contrinuire a mantenere e incrementare il danno ossidativo.
Lo studio dei markers dello stress ossidativo offre nuove prospettive alla ricerca sulle patologie degenerative del sistema nervoso e allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici.
Risonanza quantica molecolare. Tecnologia e possibili applicazioni cliniche.
Pozzato (Telea – Vicenza) ore 11.30
La innovativa tecnologia RQM permette di trasferire energia ai tessuti ed alle cellule senza creare danno in quanto la temperatura raggiunta non raggiunge mai i 50°C, limite per la sopravvivenza delle cellule e tessuti biologici. Si è potuto così “orientare” queste radiazioni in modo da dare effetti particolari di stimolazione cellulare tali da abbracciare parecchi campi della medicina e chirurgia.
La RQM trasferisce energia ai tessuti biologici per mezzo di campi elettrici variabili ad alta frequenza con uno spettro di frequenze (brevetti TeleaE.E.) tali da entrare in risonanza con le molecole costituenti le cellule, soprattutto con le strutture proteiche.
In medicina queste particolari radiazioni della RQM stimolano un effetto rigenerativo sui tessuti attivando un “massaggio cellulare” – la cellula si deforma momentaneamente fino a che si applica energia e poi ritorna nel suo stato normale. In chirurgia la RQM permette di effettuare tagli e coaguli a temperatura inferiore ai 50°C evitando di provocare il danno termico, caratteristico dei tradizionali elettrobisturi. Questo permette di ottenere tempi di recupero brevi, minor ospedalizzazione, minor problemi nel post-operatorio, minor utilizzo di farmaci e possibilità del chirurgo di avvicinarsi a tessuti delicati come le terminazioni nervose con la sicurezza di uno strumento molto preciso e delicato sulle strutture biologiche, con minor costo di degenza e maggior sicurezza per il paziente e per il chirurgo.
La RQM viene utilizzata per la cura di patologie come artrosi, cervicalgie, lombosciatalgie, traumi muscolari, periatriti, rizoartrosi, etc.
La Risonanza Quantica Molecolare è una teoria fisica moderna che ha “adottato” questa teoria per implementare una tecnologia (la RQM) utilizzata in tutti i propri dispositivi medici. In campo chirurgico è stato sviluppato il bisturi elettronico a RQM “VESALIUS”. In campo medico è stato sviluppato il REXONAGE con i suoi derivati Q-Physio per terapie muscolo-scheletriche ed il REXONAGE2 per la terapia estetica.
Sicurezza Biologica: tutti i dispositivi medici di Telea sono muniti di studi di sicurezza presso le Università, indicanti i test di sicurezza sulle cellule e tessuti biologici: i dispositivi progettati e prodotti dall’azienda Telea non inducono, con i test effettuati, meccanismi di danno cellulare. Pubblicazioni sono riscontrabili presso il sito www.teleamedical.com, con filmati comprovanti l’efficacia e la validità della tecnologia RQM.
Stress ossidativo e patologia cardiovascolare.
Gian Marco Mosele (Villa Margherita – Vicenza) ore 11.40
Lo stress ossidativo è una condizione patologica causata dalla rottura dell’equilibrio fisiologico, in un organismo vivente, fra la produzione e l’eliminazione, da parte dei sistemi di difesa antiossidanti, di specie chimiche ossidanti. Le specie reattive dell’ossigeno (ROS: reactive oxygen species) rappresentano prodotti del normale metabolismo ossidativo cellulare. In molti casi la produzione di specie chimiche ossidanti è secondaria all’evento patogeno primario, l’innesco delle reazioni a catena da parte delle specie reattive può però facilmente contribuire ad aggravare un danno in atto. Una aumentata formazione di ROS e/o una riduzione delle difese antiossidanti si riscontrano in svariate condizioni patologiche. I ROS normalmente vengono utilizzati per i processi di signaling cellulare, in condizioni particolari possono tuttavia indurre modificazioni ossidative di biomolecole quali proteine, lipidi e acidi nucleici. In queste condizioni, le ROS fungono sia da semplici difese dell’ospite, sia da segnali in grado di avviare programmi genetici responsabili della risposta al danno. Ulteriori meccanismi che conducono alla iperproduzione di ROS comprendono la generazione di lipoproteine ossidate a bassa densità (oxLDL) in corso di ipercolesterolemia e di prodotti di glicosilazione in corso di iperglicemia. Nelle malattie di natura aterotrombotica l’iperproduzione di ROS è responsabile sia delle fasi iniziali che del mantenimento del processo patologico, svolgendo un ruolo cardine nel processo di rottura acuta di placca e nella conseguente risposta trombotica. Gli effetti lesivi dell’attacco ossidativo si esplicano con vari meccanismi, che convergono innanzitutto nell’alterare la compartimentazione subcellulare del calcio ionico. La principale fonte di ROS a livello vasale è rappresentata dalla NADPH ossidasi. Evidenze cliniche suggeriscono che nel processo aterosclerotico questo enzima sia iperattivato. L’ossido nitrico (NO), potente molecola ad azione vasodilatatrice e antiaggregante, riveste un ruolo cardine nell’omeostasi endoteliale. In particolare, tra i processi emergenti alla base delle patologie vascolari sono annoverati lo squilibrio tra segnali ROS-mediati e NO-mediati. L’NO può essere considerato un potenziale antiossidante per la sua capacità di ridurre altre molecole. Al contrario, in presenza di O2-, l’NO è rapidamente inattivato a perossinitrito, potente ossidante. La funzione endoteliale “normale” è determinata principalmente dall’equilibrio tra NO, che induce vasodilatazione, e perossinitrito, che induce reazioni ossidative provocando ulteriore danno. Lo stress ossidativo potrebbe giocare un ruolo chiave nella disfunzione endoteliale attraverso la modulazione della bioattività di NO poiché contribuisce al metabolismo rapido di quest’ultimo mediante inattivazione da parte dell’ossigeno molecolare (O2).
La disfunzione endoteliale è un marker di aterosclerosi e si associa ad aumentato stress ossidativo, che sembra essere il principale responsabile della disfunzione endoteliale. Un ampio numero di evidenze supporta la relazione tra NOX e disfunzione endoteliale in presenza di fattori di rischio per aterosclerosi, quali ipertensione arteriosa, diabete mellito e ipercolesterolemia. Fenomeni di stress ossidativo sono inoltre responsabili della stimolazione nelle cellule miocardiche del processo di apoptosi, quale quello che si verifica ad esempio in corso di scompenso cardiaco. Nei soggetti con malattia coronarica l’aumentata inattivazione dell’NO indotta da O2- potrebbe contribuire alla disfunzione endoteliale. Il ripristino della circolazione sanguigna in un tessuto dopo un periodo di ischemia, si accompagna a condizioni di stress ossidativo che possono produrre danno tissutale di notevole entità.
Le evidenze attualmente disponibili supportano il ruolo dell’aumentato stress ossidativo nell’eziopatogenesi della malattia vascolare su base aterotrombotica. Può essere tuttavia fuorviante pensare allo stress ossidativo come l’origine di tutti i processi patologici nei quali si manifesta, mentre è certamente più sensato vederlo come uno degli anelli, spesso uno dei più importanti, di una catena più o meno lunga di eventi.
Antiossidanti e Nutraceutici – Caratteristiche e meccanismo d’azione
nella prevenzione e nel trattamento dello stress ossidativo
Lorenzo M. Donini (Università La Sapienza di Roma) ore 12.20
Il mondo dell’integrazione e dei nutraceutici è popolato da sostanze (integratori, supplementi, nutraceutici, novel food, etc) con caratteristiche diverse e che possono svolgere funzioni differenti. Esistono tre tipologie di sostanze ad azione nutraceutica: integratori «veri» (che integrano carenze di nutrienti fino a consentire di raggiungere un apporto adeguato), integratori ad azione farmacologica (nutrienti somministrati a dosaggi soprafisiologici e che pertanto hanno un’azione farmacologica) e sostanze «estranee» al nostro organismo che esplicano un’azione farmacologica.
Il consumo di integratori è aumentato costantemente dagli anni 70’ al punto che, il loro consumo va considerato nelle indagini alimentari. Le motivazioni al consumo sono tra le più varie (“maggiore energia”, prevenzione di malattie, miglioramento di performance funzionali o cognitive), ma spesso i possibili effetti collaterali (tossicità da sovradosaggio, interferenza con altri nutrienti, variazioni della biodisponibilità) sono sottovalutati.
La stragrande maggioranza dei consumatori e dei tecnici ritiene che gli integratori siano “inevitabilmente” sicuri utilizzando sostanze fisiologiche (vitamine, sali minerali per lo più) oltretutto proposte spesso come “naturali”. In realtà sempre più spesso sono segnalati casi di tossicità (beta-carotene e rischio di tumore del polmone in soggetti fumatori).
L’uso di supplementi può “giustificare” comportamenti alimentari errati: uno spostamento dell’attenzione dagli alimenti ai supplementi può diminuire l’impatto dei messaggi relativi all’efficacia di un corretto stile di vita per il mantenimento dello stato di salute.
Infine un uso efficace dei supplementi (se c’è un’indicazione al loro uso) presuppone adeguata adesione da parte dei pazienti. Buona parte dei consumatori di integratori lo fa in maniera discontinua e disorganizzata.
Gli effetti che vengono cercati nei singoli nutrienti somministrati come integratori sono quelli che sono stati evidenziati in alcuni modelli alimentari, risultati correlati ad effetti positivi sullo stato di salute. Di fatto però è l’intero pattern alimentare responsabile di questi effetti più dei singoli nutrienti. L’interazione tra tutte le sostanze (nutrienti e non) è responsabile degli effetti positivi eventualmente riscontrati.
Da qui la necessità, come nel caso della dieta mediterranea, di valutare la dieta nella sua globalità considerando che i singoli alimenti possono avere un’azione sinergica o antagonista e che molti degli effetti positivi sono associati alla contemporanea assunzione di differenti alimenti funzionali tipici del modello alimentare mediterraneo, parte integrante di una “healthy diet”.
Stressor, stress e qualità della vita.
M.Bateni (Villa Margherita-Vicenza) ore 14.20
L’esposizione affronterà il tema delineando una definizione di stress , le correlazioni che esso ha con la qualità della vita e l’importanza delle caratteristiche personali nell’affrontare gli eventi stressanti .Si evidenzierà inoltre come la capacità cognitiva permetta di elaborare strategie operative nell’affrontare le emozioni e gestire al meglio gli eventi stressanti limitando l’insorgere delle malattie e aumentando la qualità della vita intesa come equilibrio tra mente corpo e ambiente .
Obesità e stress ossidativo.
G.Tognana (Villa Margherita-Vicenza) ore 14.40
L’intervento intende affrontare il tema dell’obesità con speciale riferimento al legame tra questa malattia e lo stress ossidativo. L’obesità è una malattia cronica con origini multifattoriali e può essere definita come un accumulo di grasso corporeo. Il tessuto adiposo, però, non è solo un deposito organico di trigliceridi, ma produce anche delle sostanze bioattive chiamate adipokine. Tra queste alcune hanno una funzione infiammatoria come IL-6 , altre , come la leptina, regolano l’assunzione calorica e il peso. Le adipokine inducono però la produzione di ROS (reative oxygen species), che generano stress ossidativo. Visto che il tessuto adiposo è l’organo dove vengono prodotte adipokine e queste generano ROS, il tessuto adiposo può essere considerato un fattore di generazione di stress ossidativo a livello sistemico. In tale contesto attenzione particolare è riservata ai DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) e tra questi al BED (Binge Eating Disorder). Il BED, inteso come una malattia psichiatrica distinta del DSM 5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder 5th Edition), è stato oggetto di interesse e di ricerca in ambito accademico-scientifico. Tra i DCA è il più comune: i dati del World Health Organization Mental Survey Study, studio condotto su una popolazione di 24.124 adulti di paesi di reddito medio e alto, hanno mostrato un range di prevalenza lifetime di 0.8-1.9%. E’ stato rilevato, inoltre, che la quota di diagnosi di BED è molto elevata anche tra i pazienti affetti da obesità, con prevalenza di 3.3-5.5%. Le questioni cui si è accennato hanno sollecitato il mondo scientifico a individuare buone pratiche che possano contribuire alla soluzione del problema.
Dati sperimentali e clinici a favore dell’attività motoria nelle malattie neurodegenerative.
Volpe (Villa Margherita-Vicenza) ore 15.00
Le malattie neurodegenerative con l’allungamento della vita media sono in costante aumento con un trend verso un significativo incremento nei prossimi anni. La Riabilitazione nelle malattie neurodegenerative negli ultimi anni stà dando sempre di più una forte evidenza in termini di promozione della neuroprotezione, neuroplasticità e neurogenesi. Infatti recdentemente vi sono dati sperimentali e clinici che promuovono l’attività fisica nelle malattie neurodegenerative. L’attività motoria aerobica è quella che sembra essere indicata in quanto tra le varie funzioni promuove una riduzione dello stress ossidativo. In particolare l’attività motoria di tipo aerobico induce un aumento degli agenti antiossidanti e una riduzione della perossidasi lipidica indicando con ciò l’importanza dell’attività fisica anche anche nell’età avanzata. Inoltre l’esercizio fisico sembra migliorare le funzioni mitocondriali nella corteccia cerebrale e nel cervelletto con un riverbero sulla plasticità mitocondriale. A tutt’oggi rimane ancora da definire la quantità, la durata e l’intensità dell’attività fisica giusta per promuovere un equilibrio sullo stress ossidativo.
Effetti antiossidanti della microalga Athrospira platensis. Applicazioni cliniche.
Pavan (Microlife-Padova) ore 15.20
La Spirulina essiccata possiede un ottimo profilo nutrizionale: accumula fino al 70% proteine (superiori di altre proteine vegetali), contiene tutti gli aminoacidi essenziali, in particolar modo leucina, valina e isoleucina. Sono proteine altamente assimilabili perchè la cellula manca di parete cellulosica. Essendo una fonte di fenilalanina ed è sconsigliata nei pazienti affetti da fenilchetonuria. Un’altra controindicazione è per i pazienti con patologie autoimmuni in quanto induce una significativa attivazione, positiva in soggetti sani, del sistema immunitario.
Il contenuto lipidico rappresenta circa il 9% in peso, la metà sono acidi grassi (principalmente omega-6) di cui il 49% è GLA. Una dose da 20 g di Spirulina soddisfa le esigenze giornaliere di vitamine B1, B2 e B3 oltre a fornire B6, B9, C, D, A e vitamina E. È una fonte di potassio, calcio, rame, ferro, magnesio, manganese, fosforo, selenio e zinco. La Spirulina non è considerata una fonte di B12. Contiene molti pigmenti tra cui beta-carotene, zeaxantina, clorofilla-a, xantofilla, echinenone, oltre alle caratteristiche ficobiliproteine ed in particolare la ficocianina.
La ficocianina è una proteina a marcata attività antiossidante ed antinfiammatoria che rappresenta fino al 20% del peso della biomassa secca, funge da scavenger di radicali liberi inclusi idrossili e perossili e inibisce la formazione di ROS. Come attività antinfiammatoria la ficocianina inibisce citochine proinfiammatorie come TNF-a, sopprime l’espressione della COX-2 e diminuisce la produzione di prostaglandina E2. Il suo cromoforo, la ficocianobilina, ha dimostrato di saper inibire la NADPH ossidasi attraverso un suo metabolita. L’integrazione di Spirulina nell’alimentazione può prevenire varie patologie correlate con una iperattività di questo enzima. Uno studio recente ha confermato che la spirulina è clinicamente efficace nel gestire i sintomi da rinite allergica grazie anche alla sua attività antinfiammatoria e antiossidante.
L’aumento delgli studi clinici su Spirulina negli ultimi anni e l’innalzamento degli standard degli stessi ha confermato la positiva azione di Spirulina su diversi marker di stress ossidativo come i livelli di MDA e idroperossidi; migliora parametri come vit.C, GSH, GST e attività della SOD. Questi e numerosi altri studi dimostrano l’attività antiossidante e antinfiammatoria della Spirulina.
Il microbiota Intestinale e la nuova nutraceutica: una ricetta per la “Brain Nutrition”
Marotta (Texas Women University – USA) ore 16.10
Aree una volta ritenute separate come la neurologia, l’endocrinologia, l’immunologia e la microbiologia con i loro organi correlati, cervello, ghiandole, intestino cellule immunitarie e microbiota, è oramai noto come facciano in realtà parte di un continuum e vadano considerate nella loro pur complessa interfacciabilità.
Su questa infatti si pone il sistema globale di omeostasi del nostro organismo che opera attraverso una fitta rete di molecole messaggero che includono neurotrasmettitori, neuro peptidi, ormoni e citochine. Diversi membri del nostro micron iota sono per esempio in grado di produrre neurotrasmettitori: l’ Escherichia e lo Streptococcus possono produrre norepinefrina e serotonina mentre il Lactobacillus e il Bifidobacterium possono produrre GABA e acetilcolina.
Un incremento locale e sistemico di citokine pro-infiammatorie, ad esempio, Il-1β e Il-6 ed alterati livelli di 5-HT determinano l’ attivazione del sistema ipotalamo- pituitario-adrenergico (HPA) con produzione di corticotrophin releasing factor che a sua volta, è incrementato nella risposta allo stress attivando ulteriore disregolazione di neuropeptidi che influenzano l’umore, i comportante menti e, sul lungo termine, anche innescano meccanismi di neurodegenerazione. Il nostro gruppo ha prodotto dei lavori in ambito di intervento con probiotici e con alcuni nutraceutici a tal riguardo in modelli sperimentali.
Recenti studi di metagenomica, metatranscrittomica e metabolomica stanno apportando nuove conoscenze su come microorganismi enterici giochino un ruolo rilevante nella stessa metabolomica cerebrale e su componenti quali ansia, depressione e neuro protezione, potendone sospettare nel prossimo futuro un loro posto entro una terapia integrata di “nutrizione cerebrale”. Esiste anche una pletora di fitonutrienti con azioni interessanti sulla neuro protezione e si tratta per lo più di studi in vitro o sull’animale. Il nostro gruppo che ha il merito di aver portato da solo in Italia oltre 12 anni fa uno specifico e brevettato fermentato di papaya (FPP), ha tuttavia recentemente collaborato ad uno studio clinico su pazienti affetti da Alzheimer dimostrandone la significativa efficacia nell’abbattere lo stress ossidativo, tipico di questa popolazione. Attualmente sta conducendo un ulteriore studio che ha come oggetto alcuni markers di rischio vascolare che sono condivisi anche con patologie neurodegenerative. Del tutto recentemente, un autorevole gruppo di studio neurologico ha apportato ulteriori significativi spunti osservando come questo fermentato (FPP) abbia migliorato non solo lo stress ossidativo ma anche una importanti variabili cliniche, il motor score della Unified Parkinson Disease Rating Scale ed il daily living performance. Parametri peggiorati alla sospensione del trattamento. Questo dato pone il promettente razionale di una benefica “ritaratura” della terapia standard con un globale miglioramento.
Ozonoterapia e stress ossidativo.
Guido Giugni (Policlinico San Marco – Venezia) ore 16.30
L’ossigeno ozono terapia si basa sulla somministrazione di una miscela gassosa di O2-O3 a scopo medicale. L’ozono è una molecola costituita da 3 atomi di ossigeno estremamente instabile e reattiva, è un gas incolore, irritante caratterizzato da un odore pungente, con un emivita di 40 minuti ad una temperatura di 20° c. La sua azione farmacologica terapeutica segue il principio dell’ormesi: efficace per dosaggi medio-bassi, lesivo per dosaggi alti. Viene somministrato al paziente per via infusiva, iniettiva, topica, insufflattiva. Negli anni si è individuato un range di utilizzo che va da 10 microgrammi / ml fino a 50 microgrammi / ml per uso sistemico e fino a 80 microgrammi / ml per uso topico. Un effetto sistemico si ottiene con la via infusionale (Autoemoterapia maggiore) e per via insufflattiva. In entrambi i casi l’ozono agisce da pro-farmaco reagendo con gli acidi grassi polinsaturi (pufa) presenti nei liquidi biologici e portando alla produzione di H2O2 e Lipoperossidi (LOPS) che attivando vie metaboliche e biochimiche cellulari specifiche sono responsabili dell’effetto terapeutico dell’ozono. 1) Maggiore cessione di ossigeno ai tessuti ischemici per aumento sia del 2,3 difosfoglicerato negli eritrociti , sia del NO prodotto dalle cellule endoteliali; 2) incremento delle difese immunitarie attraverso la via del fattore di trascrizione nucleare NfkB; 3) potenziamento dei sistemi antiossidanti per attivazione del fattore di trascrizione Nrf2. Nel trattamento dello stress ossidativo l’ozonoterapia si può tranquillamente integrare per la sua sicurezza ed efficacia con gli approcci farmacologici, fitoterapici, alimentari, comportamentali più usati per un migliore benessere dei pazienti.
Aspetti logistici e percorso diagnostico per la gestione dello stress ossidativo (video).
Federico Nordera (Villa Margherita – Vicenza) ore 16.50
Un breve filmato illustrerà gli aspetti logistici e il percorso diagnostico per la gestione dello stress ossidativo all’interno della clinica. Come creare un percorso diagnostico per studiare e curare lo stress ossidativo.